venerdì 27 giugno 2014

Legamento crociato anteriore: esercizi e tempo di recupero in caso di lesione

Legamento crociato anteriore: esercizi e tempo di recupero in caso di lesione



Il legamento crociato anteriore è uno dei più importanti che formano l’articolazione del ginocchio. E’ un elemento assottigliato, che è collocato al centro del ginocchio, fra la tibia e il femore. Il suo compito è quello di rendere stabile l’articolazione. A volte si può verificare una lesione di questo legamento, per cui è necessario sottoporsi ad un processo di riabilitazione perché la sua anatomia comporta che, dopo la distrazione, si debba tornare alla condizione originaria attraverso degli esercizi, che possano garantire un adeguato tempo di recupero. Vediamo quale programma di allenamento seguire.

 
Gli esercizi
Gli esercizi per il legamento crociato anteriore, in caso di lesione, prevedono un programma di rieducazione che può iniziare fin da subito, magari con delle contrazioni del quadricipite e dei sollevamenti dell’arto inferiore. Si possono iniziare esercizi di mobilità, purché escludano movimenti improntati al dolore.
Proprio con la scomparsa della sensazione dolorosa, dopo la lesione al legamento, la mobilità migliora di molto e si possono compiere esercizi di flessione e di estensione. Ci sono anche gli esercizi specifici per il potenziamento muscolare. Il loro obiettivo è quello di sollecitare i muscoli, compresi quelli posteriori della coscia.
Da questo punto di vista ci si può affidare agli allenamenti a catena chiusa, che hanno lo scopo di migliorare il controllo neuromuscolare e la stabilizzazione dinamica. L’obiettivo da raggiungere è quello di avere un rapporto di equilibrio in termini di forza fra i muscoli anteriori e quelli posteriori. Ecco perché sono molto utili gli esercizi attivi e le estensioni contro resistenza.
Si possono eseguire anche mosse controllate funzionali di accelerazione e decelerazione. Non si deve trascurare, comunque, la riprogrammazione dell’esperienza percettiva del movimento. A seconda della fase di allenamento, si possono usare a questo scopo esercizi a catena cinetica aperta, come la cyclette, oppure la deambulazione con carico parziale, il recupero degli schemi del passo ed esercizi di agilità, di corsa e di salto.
Il tempo di recupero
I tempi di recupero del legamento crociato anteriore, in caso di lesione, dipendono da diversi fattori. Comunque sono in genere lunghi dopo la rottura del crociato. Per l’attività sportiva si tratta di circa 6 mesi. La riabilitazione può prevedere tempi più veloci per gli atleti professionisti, ma bisogna sempre vedere come rispondono gli adattamenti del ginocchio.
Fra gli altri fattori da tenere in considerazione ci sono: il tono muscolare dopo l’infortunio, l’eventuale chirurgia associata che riguarda menischi e cartilagine, la disponibilità di tempo per la riabilitazione. Mediamente si ritorna a camminare normalmente dopo circa 4 settimane, si può nuotare al secondo mese e la corsa lenta può essere eseguita dopo circa 3 o 4 mesi.




mercoledì 25 giugno 2014

Dieta Paleo per gli Atleti


Dieta Paleo per gli Atleti – Dr. Cordain


FASE I: MANGIARE PRIMA DELL’ALLENAMENTO

Gli atleti in generale, quando si tratta di: immediatamente prima, durante e subito dopo gli allenamenti, hanno bisogno capire le regole della dieta Paleo dal momento che ai giorni nostri utilizziamo un tipo di allenamento che sicuramente e’ diverso da quello dei nostri antenati dell’età della pietra. Mangiare ora dopo ora e’ importante per avere un continuo rendimento energetico , come la necessità di avere un rapido recupero e’ un esigenza nell’atleta. Questo richiede una certa libertà di usare cibi “PROIBITI” su una limitatamente ad un lasso temporale.
Le eccezioni possono essere meglio descritte spiegando le 5 fasi per tutti i giorni che devono intercorrere tra il mangiare vs allenamento.

In breve, è consigliabile che gli atleti mangino almeno due ore prima di un allenamento duro o di una performance sportiva lunga, un pasto composto da carboidrati a basso e moderato indice glicemico.
Si possono anche consumare un po ‘di grassi e proteine ​​in questo pasto. Tutti gli alimenti devono essere a basso contenuto di fibre.
Se mangiare due ore prima dell’ attivita’ non è possibile, mangiare circa 200 calorie 10 minuti prima l’allenamento o l” inizio della gara.

FASE II: MANGIARE DURANTE L’ALLENAMENTO

Durante gli allenamenti o le gare di lunga durata è necessario mangiare carboidrati ad alto indice glicemico per lo più in forma di liquidi. Le bevande sportive vanno bene per questo. Trovare una bibita che piaccia e la berrete volentieri. Rendetevi conto che gli eventi di durata inferiore a un’ora circa (compreso riscaldamento) non necessitano di carboidrati. Bere acqua e’ sufficiente per questi allenamenti brevi.

FASE III: MANGIARE IMMEDIATAMENTE DOPO

Nel primi 30 minuti post-allenamento (ma solo dopo lunghe sessioni e / o molto-intenso esercizio fisico) e importante utilizzare una bevanda di recupero che contiene sia carboidrati che proteine ​​in un rapporto 4-5:1. È possibile acquistare un prodotto commerciale per questo. Oppure si può preparare il vostro integratore dal taglio di 16 cl di succo di frutta con una banana, 3-5 cucchiai di glucosio (come CarboPro) a seconda delle dimensioni del corpo, circa 3 cucchiai di proteine ​​in polvere, in particolare da fonti di uova o di siero di latte e due pizzichi di sale. Questa finestra di 30 minuti è critica per il recupero. Dovrebbe essere la priorità più alta dopo un duro allenamento o una gara.

FASE IV: MANGIARE POST WORK-OUT

Nelle prossime ore (fino a quando il precedente esercizio impegnativo e’ durato) continuetate a focalizzare la vostra dieta sui carboidrati, soprattutto carboidrati ad alto carico glicemico con proteine ​​in un rapporto carbo-protein 4-5:1. Ora è il momento di mangiare cibi non ottimali, quali pasta, pane, ciambelle, riso, mais e altri alimenti ricchi di glucosio in quanto contribuiscono al necessario processo di recupero dei carboidrati. Forse i cibi perfetti in questa fase sono uva passa, patate, patate dolci.

FASE V: MANGIARE A REGIME

Recuperate per il resto della vostra giornata, o fino a quando inizierete il tuo prossimo allenamento, tornando a mangiare una dieta Paleo, concentrandosi sugli alimenti ottimali.


LE FARINE PALEO

Farine Alternative: Mandorle, Castagne, Cocco

Per chi segui una dieta Paleo, può essere una sfida evitare sempre le farine tipica di una cucina normale occidentale. Sopra tutto nell'inzio. Ma fidati, dopo ci si perde questo fissazione. Pero, anche i più fedele e appassionati, qualche volta devono accontentare qualcun altro; ospite, famiglie, ecc.

Per cui parliamo di farine alternative
Si può ogni tanto includere nella dieta alcuni alimenti che sono meno popolari o sotto- valutata nelle società occidentali, ma sono ampiamente disponibili, nutriente e gustose. Scoprendo questi alimenti è un ottimo modo per diversificare la dieta e portare più piacere nella dieta quotidiana.

Per prima parliamo delle castagne essendo che sono facile trovare in Italia

Castagne
Le castagne sono un noce da albero, rispetto alle mandorle e anacardi, per esempio, che in realtà sono davvero dei frutti. Essi non hanno niente che fare con le castagne d'acqua, che sono un tubero da una pianta acquatica. Ci sono molteplici varietà di castagne, le varietà europee e asiatiche essendo quelle più popolari.
Le Castagne sono particolari in quanto sono ricchi di amido, a differenza della maggior parte delle noci, che sono spessi piuttosto grassi. Infatti le castagne hanno un basso contenuto di grassi. Sono una buona opzione come fonte di carboidrato naturale per chi ama mangiare un po' più amido, ma sempre rimanendo nei confini Paleo, mangiando ciò che è disponibile in natura. Patate dolci e patate sono una buona opzione, ma si può annoiare di mangiarle sempre. Castagne al salvataggio!

Essi sono raramente consumati crudi e più spesso sono mangiato arrostiti, ma anche a volte bolliti. Si può creare prodotti da forno Paleo con la farina di castagne. In realtà, la farina di castagne può essere utilizzate al posto di farina di mandorle in quasi tutte le ricette. Questa farina può essere utilizzato anche per addensare salse.

Farina di castagne è probabilmente un'idea migliore della farina di mandorle per i prodotti da forno, perché la farina di mandorle contiene elevate quantità di grassi polinsaturi fragile che ossidano facilmente a contatto con una fonte di calore e che dovrebbero essere ridotti al minimo su una dieta sana, anche se sono non ossidato.

Tiene presente che essendo un fonte di carboidrati amidacei, alcune persone andrebbero meglio senza, soprattutto coloro che desiderano perdere peso. Alcune persone con problemi digestivi o con un metabolismo non ottimo probabilmente dovranno evitare del tutto l'amido cosi come i noci in generale.
Per coloro che godono moderate quantità di verdure ricche di amido, però, le castagne possono essere un'aggiunta meravigliosa.

Nutrizione nelle castagne
Le castagne sono probabilmente non quello che noi chiameremmo una potenza nutrizione, ma sono ancora piuttosto elevato in manganese, vitamina C, vitamina B6 e rame. Sono infatti solo le noci che contengono livelli apprezzabili di vitamina C.

In 100 grammi di castagne si trovano 53 grammi di carboidrati. Di questi 53 grammi, 11 provengono da zuccheri semplici, 5 da fibra e il restante 37 grammi è l'amido.
In quelli stessi 100 grammi di castagne, si ottiene solo 2,2 grammi di grassi e 3 grammi di proteine.

E il contenuto di acido fitico?
Sarai contento di sapere che, come la maggior parte dei noci, le castagne contengono alcuni livelli di acido fitico che lega i nutrienti come calcio, ferro e magnesio e li rende disponibili, ma che il contenuto di acido fitico è piuttosto basso in castagne. In realtà, vi è circa 47mg/100g di acido fitico in castagna mentre si trova a 1280 mg/100g nell mandorle e 760mg/100g nelle noci, secondo un articolo pubblicato nel 1987.

#passioneperlosport

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domenica 22 giugno 2014

Digiuno intermittente 1.02



Introduzione
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Visto l'interesse suscitato da questo approccio, viste le sempre più numerose persone che vi si avvicinano e viste le relative crescenti richieste, vado a proporre un articolo con unbreve riassunto di quello che è il mio personale modo di vedere il digiuno intermittente.
L'articolo non vuole essere una esaustiva raccolta di tutto quello che c'è da sapere, ma quanto un riassunto, una appunto introduzione, una serie di domande e risposte più frequenti per potersi fare una breve idea da poi approfondire da soli su internet o attraverso i link che vi verranno forniti.
Iniziamo a dire che non è un metodo per tutti, ma leggendo capirete che non è neppure così terribile come può suggerire il suo nome "digiuno".

Cosa permette di fare?

  • Normalizzare l'insulina e la sensibilità alla leptina, che è la chiave per una salute ottimale. L’insulino-resistenza (che interviene quando la sensibilità all'insulina diminuisce) è un fattore primario che favorisce quasi tutte le malattie croniche, dal diabete alle malattie cardiache e persino al cancro
  • Normalizzare i livelli di grelina, noto anche come "l'ormone della fame". Significa che fa diminuire il desiderio, a volte compulsivo, di continuare a mangiare a qualsiasi ora del giorno e della notte.
  • Promuovere l'ormone della crescita (HGH), che svolge un ruolo importante nella salute, nella forma fisica e nel rallentando del processo di invecchiamento
  • Abbassare il livello dei trigliceridi
  • Ridurre l'infiammazione e diminuire danni dei radicali liberi. Aiuta quindi a prevenire patologie croniche come l’artrosi reumatoide.



La base. 

Il funzionamento è il seguente, un periodo di digiuno seguito da uno durante il quale si può mangiare, uno dei metodi più usati è il 16:8 ovvero 16 ore di digiuno seguite da 8 durante le quali si può mangiare, calcoliamo 8 ore di sonno, rimangono quindi solo 8 ore di digiuno "vero", psicologicamente e potenzialmente duro da affrontare, mettiamone 4 prima del sonno e 4 dopo e scompare la paura.

Ecco un esempio di come io porto avanti la metodica seguendo uno dei metodi più diffusi: 

Dalle 21:00 alle 13:00 Digiuno (16 ore)
Dalle 13:00 alle 21:00 Pasti (8 ore)

Semplice, qui finisce, nessuna altra complicazione, si può mangiare solo a partire dalle 13:00 e fino alle 21:00 massimo. 




COSA? Cosa si mangia
 nelle 8 ore comprese tra le 13:00 e le 21:00? 

- Semplice ancora una volta : Quello che si mangiava prima, alimentazione "normale", io seguo la Paleo-dieta, continuo a mangiare seguendo la paleodieta, pasti con un quantitativo calorico introdotto corrispondente a quando si faceva prima, ne più ne meno. I soliti intervalli di 2-3 ore, soliti cibi, nulla di nuovo o da cambiare.





Allenamento.

Perchè a Digiuno? L'allenamento per la massa inserito anche in un contesto di dimagrimento deve o dovrebbe possibilmente seguire questo tipo di organizzazione: Deve essere fatto a digiuno poichè a digiuno si verifica la condizione metabolica perfetta per attivare al massimo la sintesi proteica e per potere secernere la massima quantità di GH. 
Uno studio suggerisce che misurando la sintesi proteica attraverso il fattore P70s6k (il famoso P70 della Muscletech si) si può notare come nel gruppo preso in esame che era a digiuno e che dopo ha ricevuto una bevanda a base di carboidrati e proteine, la sintesi proteica sia DOPPIA rispetto al gruppo che ha fatto l'allenamento facendo un pasto precedentemente. 


L'allenamento l'ho quindi piazzato alle ore 11:00 circa del mattino, mezzora prima dell'allenamento è fondamentale avere nel corpo una base di aminoacidi ramificati in modo che il nostro corpo non vada ad intaccare tessuto muscolare nel tentativo di cercare glicogeno, sappiamo tutti benissimo che riuscirebbe perfettamente nell'intento attraverso il processo detto di glucogenesi, smonterebbe dalla muscolatura e dai tessuti del nostro corpo gli aminoacidi glucogenetici e si procurerebbe il glicogeno necessario.
Noi possiamo impedire questo fornendo al nostro corpo aminoacidi in abbondanza, in vista di un allenamento che sarà molto intenso, fisiologicamente stressante e che metterà a dura prova il nostro metabolismo non abituato sicuramente ad affrontare sforzi così intensi in una fase di digiuno.

Ecco quindi che ho fatto :

10:30 Bevanda con 10-15 grammi di mix di aminoacidi, Xtend o Modern Bcaa e volendo in aggiunta un prodotto per il PUMP Anticatabolico come il Vaso HP Supreme
11:00 Allenamento con un litro di acqua nel quale sono diluiti 10-15 grammi di aminoacidi,Xtend o Modern Bcaa.
12:00 Fine allenamento, segue Bevanda con 10-15 grammi di mix di aminoacidi, Xtend oModern Bcaa.


Un ora di pausa


Perchè la pausa? La pausa serve ad innescare il processo di sovracompensazione e serve a fare si che il GH agisca indisturbato senza l'azione degli zuccheri con conseguente stimolo insulinico ed abbassamento relativo GH.

13:00 Pasto, primo pasto della giornata, il più importante ed anche il più ricco, deve contenere sia carboidrati che proteine, possibilmente anche delle vitamine per aiutare il recupero, ADAMAnimal Pak.

sabato 21 giugno 2014

Gelato proteico


Per chi non può resistere, e per combattere i morsi della fame, specialmente dopo cena, ecco una ricetta veloce e gustosa per un gelato o un sorbetto \ mousse proteico.

Utilizzate le proteine che preferite, caseine o siero, se siete allergici ad ingredienti come aspartame, acesulfame-k, sucralosio ed utilizzate solo proteine neutre, potete utilizzare gli aromi alla vaniglia o altro che trovate in erboristeria ad uso alimentare.

Utilizzate circa 200 gr di proteine in polvere, la ricetta bel si sposa con i gusti cioccolato e vaniglia. Aggiungete solo acqua, in maniera progressiva e mescolate con un cucchiaio o un mixer da cucina, tipo minipimer. Se volete una maggiore consistenza continuate a mescolare in modo da far entrare più aria nell’impasto. Non aggiungete troppa acqua altrimenti avrete un frullato troppo liquido.

Dividete la dose in bicchierini da caffè o leggermente più grandi, considerate l’apporto proteico inziale e fate le vostre divisioni.

Mettete tutto nel congelatore per alcune ore, servire freddo ma considerate di tirarlo fuori almeno mezz’ora prima o passatelo dal congelatore al frigo, per trovare la consistenza giusta per voi. Potete aggiungere delle frutta a piacimento.

Aggiungete della cannella in polvere prima di servire.


Lo stress fa ingrassare

Al giorno d’oggi lo stress sembra essere il responsabile di tutti i nostri guai: gastrite, colite, infarti, allergie, disturbi del comportamento alimentare, insonnia, attacchi di panico, chi più ne ha più ne metta!

Ma sapete anche che lo stress fa ingrassare e rende  impossibile il dimagrimento? E’ un fatto scientifico ed il vostro livello di stress, o meglio ancora, come rispondete allo stress, determina l’appetito, la distribuzione del grasso corporeo ed il livello di fitness.

Personalmente sostengo questa opinione già da una decina di anni, parlando spesso degli effetti negativi dell’ormone principale dello stress, il cortisolo, responsabile dell’equazione:

stress = - muscoli + grasso.

Nel 2004, negli USA, è stato pubblicato un libro “The cortisol connection diet” di Shawn Talbott P.H.D, con il quale mi trovo d’accordo su molti aspetti. Approfitto di questo spazio per fornirvi una breve sintesi dei concetti esposti.

Al giorno d’oggi negli USA circa il 65% degli adulti è in soprappeso e circa un quarto dei bambini sono obesi. Sembra addirittura che, proprio a causa dell’obesità questi bambini, per la prima volta la vita media della popolazione è destinata ad abbassarsi.

Proprio per questo c’è un grande business intorno alle “diete dimagranti”; centinaia di studi clinici hanno dimostrato che quasi tutte le diete funzionano per perdere peso ma che inesorabilmente questo peso viene poi riacquistato nell’arco di sei mesi, un anno, a volte anche con gli interessi.

Questo è dovuto a vari fattori:


  • diete monotematiche squilibrate
  • diete troppo ipocaloriche che causano l’abbassamento del metabolismo
  • diete non accompagnate da attività fisica.
Per esempio le diete iperproteiche – ipoglucidiche, funzionano in maniera incredibile nel controllare la glicemia e perdere peso rapidamente soprattutto per le persone con 15Kg o più di soprappeso, ma dopo un po’, quando i chili da perdere sono meno di 8-9, allora la dieta smette di funzionare (N.D.E personalmente ho visto parecchi casi di persone che hanno perso peso con una dieta ipoglucidica partendo da una condizione di obesità, ma arrivati ad una percentuale di grasso corporeo tra il 15-20%, non riuscivano più a perdere peso nemmeno a carne ed acqua; in questo caso i progressi sono ritornati quando sono stati reintrodotti i carboidrati).

La “Cortisol Connection Diet” funziona proprio per perdere quegli ultimi 5-10Kg che non si riescono a smaltire perché più ci si avvicina all’obiettivo più diventa difficile ed è quindi necessario un approccio integrato che coinvolga tutti i processi metabolici collegati al dimagrimento, proprio quello che fa la “Cortisol Connection Diet”.

Innanzitutto non bisogna considerarla una dieta restrittiva ma uno stile alimentare rivolto a bilanciare l’apporto di carboidrati, grassi, proteine e fibre considerando sia la quantità ma anche, più importante, la qualità.

Possiamo introdurre a questo punto il concetto di indice di equilibrio (Balance Index) che esprime il rapporto qualità/quantità del cibo o dei pasti che consumiamo, più la qualità è alta più questo indice è alto.

Consideriamo ora la qualità dei cibi suddividendoli in 4 categorie:


  1. Per quanto riguarda i carboidrati la regola generale è che  hanno un più alto indice di equilibrio se sono integrali; per esempio una mela intera è meglio di un succo di mela, la pasta integrale è meglio della pasta raffinata, è meglio il pane duro ai 5 cereali che il pane bianco “soffice” che è altamente raffinato.
  2. Le proteine ed i carboidrati sono lo “yin e lo yang” della nutrizione e devono essere consumati insieme per un corretto equilibrio. Una fonte proteica magra ad alto indice di equilibrio, può servire a riequilibrare un pasto con un carboidrato raffinato. Per esempio se a colazione consumiamo del pane bianco che ha un basso indice di equilibrio, allora aggiungendo del salmone affumicato e delle uova strapazzate faremo si che la combinazione di un cibo ad alto indice di equilibrio (proteine) con uno a basso indice (pane raffinato) produca un pasto con un moderato indice di equilibrio e fondamentalmente è in questo range che noi dobbiamo stare almeno sempre con la “Cortisol Connection Diet”.
  3. Per quanto riguarda i grassi, questi nutrienti dovrebbero essere sempre aggiunti in piccola quantità ad ogni pasto con moderati carboidrati come “regolatori metabolici”. In effetti un cucchiaio di olio, una scaglia di formaggio, una manciata di frutta secca, contribuiscono a rallentare il rialzo glicemico post-prandiale contribuendo a controllare l’appetito e a favorire l’utilizzo dei grassi a scopo energetico durante la giornata. Una porzione di pasta a lato, cioè come contorno, e non un “piattone”, è una buona scelta soprattutto se integrale e con olio di oliva ed una spruzzata di formaggio; meglio ancora se la mischiamo con alcuni vegetali freschi aumentando così il contenuto di fibre.
  4. Le fibre sono molto importanti perché, come i grassi, rallentano l’assorbimento degli zuccheri e regolano così la glicemia (fibre solubili) ed inoltre contribuiscono ad aumentare il senso di sazietà (fibre insolubili). Le fibre sono contenute nei vegetali, nella frutta e nei cereali integrali.
Oltre alla qualità l’altro fattore dell’indice di equilibrio e la quantità. Un problema reale che esiste nella dieta è la necessità di pesare gli alimenti ed inoltre il fatto che la porzione che è corretta per un uomo di 90Kg. non è di certo la stessa per una donna di 60Kg.

Ma c’è la possibilità di usare un “trucco” che non lascia scuse per scegliere la porzione corretta utilizzando le dimensioni della propria mano.

Per quanto riguarda i carboidrati fibrosi, cioè la frutta ed i vegetali (escludendo le patate, le carote e le rape ricche di amidi) potete scegliere una quantità di frutta e verdura che occupa le dimensioni della vostra mano aperta.

Per i carboidrati amidacei (pane, pasta, riso, patate) limitatevi ad una porzione che non superi le dimensioni del vostro pugno chiuso.

Come scelta di proteine magre come quelle contenute nelle uova, nello yogurt magro, nella carne magra, nel pesce, la porzione deve corrispondere alla misura del palmo della vostra mano (solo il palmo e non la mano aperta).

I grassi, e come grassi intendiamo burro, olio di oliva, olio di lino, formaggio, frutta secca, possono essere assunti nella quantità che può essere compresa nel cerchio formato dal pollice e l’indice facendo il segno dell’o.k.

Questo è un metodo molto semplice per evitare di pesare i cibi e contare le calorie; per questo una persona di media corporatura consumerà circa 500Kcal in un pasto equilibrato usando il sistema della mano, ma per esempio una donna  di corporatura più piccola avendo una mano più piccola, consumerà un pasto di 400Kcal e d’altro canto una persona più robusta si troverà con un pasto di circa 600Kcal. Così facendo tra colazione, pranzo e cena ci troviamo un totale di circa 1200 – 1800 Kcal che è il range di calorie associato alla miglior perdita di peso a lungo termine per una persona mediamente attiva.

L’ultimo aspetto della “Cortisol Connection Diet” riguarda l’orario dei pasti, che devono essere frazionati, come in altre popolari diete, in vari piccoli pasti e spuntini durante il giorno, per controllare la glicemia ed il cortisolo e di conseguenza controllare l’appetito, mantenere bassi i livelli di energia e favorire l’utilizzo dei grassi a scopo energetico durante tutto il giorno.

 
La “Cortisol Diet” consiste in 3 pasti e 3 spuntini così divisi nell’arco della giornata:

Ore  7,00 : Spuntino (prima di andare al lavoro)
Ore  9,00 : Colazione di lavoro
Ore 12,00 : Spuntino
Ore 14,00 : Pranzo
Ore 17,00 : Spuntino
Ore 19,00 : Cena
Ore 21,00 : Eventuale 4° Spuntino o Dessert

giovedì 19 giugno 2014

Sushi. Vizi e virtù del tradizionale piatto giapponese

Sushi. Vizi e virtù del tradizionale piatto giapponese
Il sushi è un alimento 'intrigante' e di 'moda'. Ma quali sono le sue proprietà nutrizionali? Facciamo luce su un aspetto spesso poco considerato



Al di la di stereotipi e preconcetti, il sushi è molto, molto di più di chicchi di riso bianco che accompagnano pezzi di pesce e alga, assumendo uno strano ed incomprensibile nome. Contrariamente a quello che si pensa, la parola sushi tipicamente fa riferimento a tutta una serie di alimenti preparati a partire da riso bianco cotto con aceto, a cui vengono aggiunti tutta una serie di prodotti come, ad esempio, i vari tipi di pesce, non includendo quindi il classico pesce crudo in fettine che invece si chiama sashimi. Proprio la varietà di possibili ingredienti, rende valutare l’apporto nutrizionale del sushi quanto mai complicato da classificare in maniera elementare. 
Il riso, generalmente bianco, dolce a grano corto, viene cotto e successivamente bagnato con aceto di riso nel quale vengono disciolti zucchero, sale, alga kombu, utilizzata per addolcire le pietanze e sake. Oltre alle ben note proprietà del riso, digeribile, ricco di minerali e proteine ad alto valore biologico e chi più ne ha più ne metta, particolare menzione va fatta per l'aceto di riso. Questo, che nella tradizione giapponese viene usato per la preparazione di un rimedio capace di prolungare la vita, ha attività antibatterica naturale, nonché proprietà digestive e depurative.
Senza dubbio, però, l'aspetto nutrizionale più importante del sushi è costituito dal caleidoscopio di alimenti utilizzati per il condimento del riso, in particolare del pesce; vanno dai più classici tonno e salmone, sino allo sgombro, all'anguilla, all'orata e alla spigola. Com'è noto, la ricchezza in omega-3 e in proteine essenziali facilmente digeribili, l'apporto di vitamine e sali minerali e un generalmente basso contenuto calorico, con le dovute eccezioni, rendono il pesce un alimento indispensabile in un regime alimentare che si rispetti. Estremamente comune, oltre al classico pesce è l'utilizzo di altri prodotti del mare, come crostacei, gamberi in particolar modo, molluschi e frutti di mare, anch'essi di ottime proprietà nutrizionali. Anche qui, però, occorre fare dei distinguo. Infatti, molluschi e crostacei, pur avendo un tenore di grassi globalmente basso, hanno un contenuto in colesterolo piuttosto elevato; ad esempio, le cozze, nonostante abbiano un contenuto in colesterolo pari a quello del grana, hanno un contenuto in grassi totali dieci volte più basso.
Tutti i vantaggi tipici di un adatto consumo di pesce, sono evidenziati dai risultati di differenti studi, incentrati sul rapporto tra questo e due particolari aspetti della salute. In ricerche realizzate su campioni di popolazione della Groenlandia e del Giappone, paesi tipicamente a forte consumo ittico, si è osservato come opportune dosi di pesce, non necessariamente magro come pesce azzurro, orata o branzino, ma anche salmone o sgombro, riducano l'incidenza di eventi cardiovascolari maggiori  anche del 30%. Inoltre, è ormai accertato che, laddove il regime alimentare preveda maggiori quote di pesce, vengono ridotti i rischi di insorgenza della depressione. Non è tutto oro ciò che luccica però. L'utilizzo di prodotti del mare non cotti, espone chi li mangia a rischi da non sottovalutare, legati principalmente alle infezioni generate dal pesce consumato senza previa cottura. Per ovviare a questi rischi, la normativa al riguardo prevede che il pesce da mangiare senza cottura non sia proprio quello appena pescato. Infatti, i prodotti del pesce devono essere trattati in maniera tale da eliminare eventuali agenti infettivi, ad esempio portandoli a basse temperature ed effettuando quindi una sorta di congelamento preventivo. Un ulteriore fattore di rischio è costituito dalla possibilità di accumulo all'interno dei pesci, ed in particolare del tonno, di non piccole quantità di mercurio, dannoso per fegato e reni, o di diossina, elementi che, in ogni caso, non verrebbero eliminati nemmeno dalla cottura dell'alimento. Proprio per questo, mangiare troppo spesso tonno o pesce spada, e non solo sushi, andrebbe sconsigliato a tutti, soprattutto ad anziani e bambini che corrono maggiori rischi in caso di intossicazioni.


La dieta alcalina


La dieta alcalina non è una novità per gli italiani, anni fa era apparso un libro che vantava i benefici del sistema, e adesso è in commercio un nuovo volume di oltre 400 pagine che la ripropone in veste  rinnovata. La recensione del libro è affidata a Enzo Spisni, docente di Fisiologia della Nutrizione all’Università Bologna, che delinea in modo efficace le assurde teorie dietetiche di un autore un po’ chiacchierato.

 

La teoria del libro è che tutte le patologie, dal raffreddore al cancro, compreso le malattie cardiovascolari, e quelle  infiammatorie croniche, dipendano dall’alterazione del pH (acidità) del nostro corpo, che passa da una alcalinità ritenuta naturale, ad una acidità causata da cattivi alimenti ingeriti. Da un punto di vista scientifico questa teoria risulta alquanto singolare perché sostenere l’esistenza di una dieta universale perfetta e teorizzare che tutte le patologie abbiano una sola causa e una sola cura, non è molto serio.

 

Il testo contiene alcune affermazioni che meritano di essere commentate. Una delle teorie più affascinanti, degne di un film di fantascienza, è che “i batteri possono mutare in lieviti, i lieviti in funghi ed i funghi in muffe” (par 2.6, pag. 23) e anche che “…i globuli rossi possono modificarsi e rimodificarsi in qualsiasi tipo di cellule di cui il corpo necessita” (par 2.6, pag. 23). Da ciò deriva l’importanza di osservare il sangue in vivo per vedere in una sola goccia “microrganismi cristallizzati, micotossine, colesterolo, metalli, grassi non digeriti e molte altre cose”… Tossine e colesterolo non sono visibili con il microscopio utilizzato dagli autori e per quanto riguarda la presenza di microrganismi nel sangue, è stato dimostrato che ciò accade solo in caso di gravi infezioni o di gravi patologie intestinali, come la malattia di Crohn.

 

Affermazioni altrettanto false si trovano nella parte dove si svelano i secreti dello stomaco basico (par. 4.1) elaborando una “nuova biologia della salute”, che assomiglia ad una fanta-biologia.

 

 Ma veniamo al cuore della trattazione, cioè al modo di mantenere il pH del nostro organismo alcalino, modificando la dieta. Dopo avere suddiviso gli alimenti in due gruppi: acidificanti o alcalinizzanti, cominciano le strane teorie per cui si scopre che: agrumi come limoni, lime e pompelmi sono gli unici frutti classificati come alcalini(!). In pratica si definisce una spremuta di limone una bevanda alcalina. Invece, il riso bianco viene classificato come uno dei cibi più acidi ed acidificanti che esistono. Continuando, i pomodori sono alcalini, il latte e le noci acidi. Chiunque ha minimamente chiaro il concetto di pH e di acidità, dopo avere letto questo libro avrà molte perplessità sull’argomento.

 

 Per quanto riguarda le nozioni sul metabolismo ci sono due concetti che assomigliano molto alle teorie magiche di Mago Merlino.

 

1) Secondo l’autore la digestione delle proteine animali forma acidi “acido urico, nitrico, solforico e fosforico” mentre questo non accade durante la digestione di quelle vegetali. La teoria è molto singolare ma va dimostrata perché gli aminoacidi sono sostanzialmente gli stessi e ipotizzare un diverso percorso è molto arduo.

 

2) I carboidrati sono “prodotti di scarto acidi” che “causano la trasformazione biologica delle cellule sane del corpo in batteri e lieviti” (par. 6.2.1, pag. 120).


Quanto alla paranoica accusa verso tutti quei microrganismi, che nel nostro corpo produrrebbero tossine, come i batteri, i lieviti e i funghi per cui si sconsigliano vivamente tutti i cibi fermentati come il vino lo yogurt ed il pane, bisognerebbe ricordare all’autore che molti batteri, tra cui i lactobacilli, producono sostanze come le batteriocine, utilissime all’organismo per difendersi dall’aggressione di altri batteri “cattivi”.

 

Ultimo concetto descritto riguarda la differenza tra acque buone (alcaline) ed acque cattive (acide). La lunga dissertazione sugli elettroni risulta essere farneticante quanto convincente per i non esperti di chimica e fisica. La conclusione è di usare una macchina molto costosa in grado di alcalinizzare e purificare l’acqua del rubinetto.

 

Da notare infine che le ricerche citate a sostegno delle teorie dell’autore, mancano di referenze bibliografiche e quindi non si possono consultare in originale.

 

Da un punto di vista nutrizionale:

Dimenticando per un momento le falsità del libro, una cosa è certa, la dieta alcalina è in pratica una dieta  “vegana”, che restringe ulteriormente il gruppo di alimenti perché elimina gran parte della frutta (eccetto limoni, lime e pompelmi) e gran parte dei carboidrati complessi (pasta, riso e cereali). Aderire al progetto alcalino vuol dire  nutrirsi quasi esclusivamente di verdura fresca e legumi, esattamente il contrario della dieta ricca e variata che i nutrizionisti suggeriscono! Con la dieta alcalina si perdono sicuramente i chili di troppo, ma nel lungo periodo si possono creare carenze nutrizionali importanti.

 

 

 

Note sugli autori

Robert O. Young ha ottenuto titoli accademici, tra i quali diverse lauree e un PhD in un’università telematica non riconosciuta, la Clayton College of Natural Health, chiusa nel 2010 in seguito ad una Class Action fatta dagli studenti che si ritenevano truffati. L’altro autore del libro è Shelley Redford Young moglie di Young di cui si conosce poco (fonte Wikipedia).


mercoledì 18 giugno 2014

I migliori cibi per la dieta dimagrante

I cibi sazianti sono infatti alimenti dall’alto indice di sazietà: riducendo il senso di fame eviterete di fiondarvi sugli snack quando a metà pomeriggio incominciate a non vederci più dalla fame! Ecco i 10 cibi sazianti di cui non farete mai più a meno.

Mettersi in forma significa dimagrire, e per farlo è necessario adottare un regime alimentare ideale con i cibi corretti e poche semplici regole:

-Quando si vuole dimagrire, l’alimentazione ha un’importanza molto rilevante, come sempre quando si parla di dieta e di dimagrimento, gli alimenti indicati per dimagrire sono:  frutta e verdura. Ricordate che non devono mancare le proteine con carne magra e pesce, ed anche i carboidrati sono importanti per la salute, se volete dimagrire in modo corretto, basterà concedersi qualche porzione di pasta  un paio di volte la settimana, e di pane la corrispondente quantità compresa tra i 50 e i 60 grammi al giorno. 
-Quando si vuole perdere peso, è meglio evitare comunque la frutta dolce come i fichi, le banane, e l’uva per esempio, e preferire frutti come le mele e i kiwi, che sono e rimangono le varianti di frutta maggiormente indicata per la dieta.
-La verdura invece non ha controindicazioni, per evitare gonfiori addominali  quando si vuole dimagrire, soprattutto la pancia, si sconsiglia quella che può provocare questo fastidioso disturbo come i legumi, e i cavolfiori. Tuttavia sono ottimi alimenti per la salute, basta assumerli in piccole quantità anche una sola volta a settimana, per garantire al fisico i loro nutrienti e al contempo evitare spiacevoli inconvenienti d’intestino gonfio.
-Quando si vuole dimagrire, non sempre è necessario adoperare una dieta restrittiva, basta seguire poche semplici regole e consumare gli alimenti per dimagrire giusti.
-Non solo carne magra, frutta e verdura, ma anche yogurt, cereali, soprattutto quelli integrali, latte e uova. Basta cucinarli in modo sano, ossia evitando frittura e soffritti, e preferendo quindi cottura al forno, al vapore e bolliti. Inoltre anche i condimenti hanno un loro rilievo quando si vuole dimagrire. Preferite i grassi vegetali come l’olio extravergine di oliva, ma da consumarne con le giuste e modiche proporzioni. Circa un cucchiaio per condire i pasti indicati dalla vostra dieta per dimagrire.

Gli alimenti per dimagrire sopra citati, non hanno una vera funzione dimagrante ma seguendo i semplici consigli indicati, si permette al proprio fisico di migliorare il proprio metabolismo e di nutrire il proprio corpo in modo sano.
Questi alimenti privi di grassi saturi, associati a una moderata attività fisica, introducendo inoltre il giusto apporto di liquidi, di acqua nello specifico circa un litro e mezzo al giorno, s’idrata l’organismo, favorendo la diuresi e quindi l’eliminazione delle cellule adipose in eccesso.

- Patate
Naturalmente non fritte, ma lesse e condite con un filo leggerissimo di olio! Le patate sono ricche di vitamina c e potassio che aiuta a combattere anche la ritenzione idrica, a tutti nota come cellulite!

- Pesce alla griglia
Leggero, povero di grassi e ricco di vitamine e sali minerali, tra cui il fosforo che aiuterà la vostra memoria. Ciò che lo rende un cibo saziante sono però le sue proteine!

- Farina e fiocchi d’avena
L’avena è una fonte di carboidrati a lenta digestione: rilasciano gradualmente l’energia e per questo motivo ritarderanno l’arrivo della fame. Le sue fibre aiuteranno inoltre il vostro corpo a depurarsi!

- Mele
Una mela al giorno leva la fame di torno e non solo! Un frutto che ha quasi del miracoloso per le sue proprietà: non solo vi sazia, ma è un buon cibo depurativo e ricco di vitamine. Indubbiamente lo spuntino migliore durante una dieta!

- Arance
Famose per l’alto contenuto di vitamina C, le arance saranno uno dei vostri cibi preferiti durante una dieta. Sgonfiano la pancia, vi fanno dire addio alla fame e combatto la cellulite. Non state già addentando uno spiccio d’arancia?

- Yogurt
Un piccolo alleato per il vostro intestino che vi aiuta anche a tenere sotto controllo la fame grazie al suo potere saziante. Non è detto che dobbiate semplicemente mangiare il classico vasettino di yogurt: ci sono non pochi modi per usarlo in cucina.

- Germogli di soia
Non sono solo cibo per i vegetariani, ma sono un piccolo aiuto per una dieta sana equilibrata di cui non dovreste fare a meno. Ricchi di vitamine, minerali renderanno i vostri capelli brillanti e terrà lontane le rughe. Ricco di proteine, aggiungetelo alle vostre insalate!

- Fagioli
Ogni chicco racchiude un vero proprio concentrato di fibre, sali minerali e proteine. Abbinateli a tanta acqua e la vostra dieta decollerà!

- Uva
Gli acini d’uva sono ricchi di zucchero, ma basterà non esagerare per trasformare l’uva in una propria alleata della dieta. Amica dell’intestino, vi farà sentire sazi anche con pochi acini.

- Popcorn
Concedersi una parentesi golosa nella dieta è fondamentale per riuscire a portarla a termine: i popcorn combinano la giusta dose di golosità a uno spuntino leggero, poco calorico e in più in grado di saziare.


Dieta Planck

Dieta Planck


La dieta di Planck è una di quelle diete spesso reclamizzate sui giornali femminili o in Internet come rimedio dell’ultimo minuto per i kg in eccesso prima della “prova bikini”. Non ha nulla a che fare, anche se a volte viene messa in relazione, con la prestigiosa Max Planck Society, un’organizzazione dedita alla ricerca con più di 80 sedi (denominate Max Planck Institute) in Germania e in molti altri paesi europei. Questa società si dedica al progresso delle scienze e prende il nome dal tedesco Max Karl Ernst Ludwig Planck (1858-1947), padre della moderna fisica quantistica. Alcuni istituti di questa società si occupano anche di ricerca nei campi degli alimenti e delle biotecnologie, ma nessuno di essi ha mai messo a punto una dieta. L’accostamento tra la dieta di Planck e i vari Max Planck Institute è quindi puramente arbitrario. Al punto che in molte fonti il nome della dieta perde addirittura la “c” (dieta di Plank).

In cosa consiste –  La dieta non si basa su regole o principi nutrizionali, ma è semplicemente un classico elenco di colazione-pranzo-cena da seguire alla lettera per due settimane. La sua popolarità è dovuta al fatto che è molto semplice da realizzare: basta limitarsi a mangiare quanto in programma. Quest’ultimo, a sua volta, è ridotto al minimo: colazione solo con caffè o tè non zuccherati e, alcuni giorni, tre fette biscottate o un panino. Pranzo e cena sono costituiti da un solo piatto. Gli alimenti non sono pesati e le indicazioni sono molto generiche (del tipo pollo alla griglia o prosciutto quanto basta). Banditi pane, pasta, grissini e cracker, alcolici, bibite. I piatti a pranzo e cena sono prevalentemente proteici (carne alla griglia, uova sode, pesce lesso). L’uso dei grassi non è quantificato, anche se si consiglia di condire tutto con moderazione. La frutta è prevista solo una volta a settimana, mentre la sera della domenica è a piacere. Analizzando il programma alimentare si vede che è molto ripetitivo e spartano.

Cosa promette – Le promesse sono delle più disparate, fino a 9 kg di meno in due settimane.

Mantenimento – Si tratta di una dieta d’urto, dove non è prevista alcuna fase di mantenimento. Visto il regime altamente restrittivo della dieta, generalmente i kg persi vengono ripresi nel giro di poco tempo.

 Punti deboli – Questa dieta ha solo aspetti negativi e solo chi non ha una coscienza alimentare può pensare di seguirla per ottenere risultati duraturi. 

Ripartizione errata dei macronutrienti – Pur essendo priva di alcun tentativo di misurare il peso degli alimenti e le calorie, ed essendo così generica da impedire un calcolo almeno approssimato della ripartizione di macronutrienti, si può comunque dedurre che l’apporto dei carboidrati è ridotto veramente al minimo, essendo esclusivamente a base di cibi come carne, uova e pesce. Essendo fortemente sbilanciata, assai limitata nell’apporto di fibre e vitamine (la frutta è quasi bandita), anche solo 15 giorni di dieta di Planck sottopongono il corpo a uno stress non indifferente.

Non trasmette una coscienza alimentare – Il messaggio che trasmette questa dieta è veramente tra i più deprimenti: bastano due settimane di regime altamente punitivo, senza fare attenzione a nulla se non seguire alla lettera un programma in modo completamente acritico!

Negazione di principi basilari di una corretta alimentazione – Lo scarso apporto di fibre e micronutrienti, la colazione ridotta al minimo, la concessione di una cena a settimana in cui è lecito mangiare qualunque cosa, sono negazioni dei principi basilari di una corretta e moderna alimentazione.

Punti di forza – È veramente difficile trovare punti di forza di questa dieta, se non la buona dose di forza di volontà necessaria per seguire un regime così punitivo!

Esercizio fisico – L’esercizio fisico non è assolutamente considerato nel regime dietetico. 


lunedì 16 giugno 2014

Caffè decaffeinato: fa male? È cancerogeno? Proprietà e controindicazioni.

Caffè decaffeinato: fa male? È cancerogeno? Proprietà e controindicazioni.

Il caffè decaffeinato è una valida alternativa al normale caffè oppure fa male? È davvero cancerogeno come sostengono alcune tesi? Scopriamo le proprietà e le controindicazioni di questa bevanda cercando di approfondire l'argomento ancora oggi molto controverso.

Il caffè decaffeinato è una bevanda ormai molto diffusa nella nostra dieta, ma di cosa si tratta precisamente? Letteralmente, è caffé privato di caffeina, l’alcaloide dai noti effetti stimolanti sul sistema nervoso che è sconsigliato ad alcune categorie di persone (ansiosi, ipertesi, cardiopatici, donne in dolce attesa). Questa particolare versione del caffé fu inventata e realizzata per la prima volta in Germania nel 1905, da un certo Ludwig Roselius. Ma analizziamone insieme le principali caratteristiche.

Come si ottiene il caffè decaffeinato?

Abbiamo accennato prima che il caffè decaffeinato è chiamato così perché privato della caffeina; ma come avviene questo processo? Il metodo tradizionale prevedeva l’estrazione della caffeina con l’utilizzo di diclorometano; questo solvente però, ritenuto cancerogeno per l’uomo, è stato rimpiazzato da altri metodi, tra i quali:

il metodo ad anidride carbonica, quello attuale, che prevede un primo passaggio in cui i chicchi crudi, rigonfiati con lavaggio a vapore per facilitare l’estrazione di caffeina, vengono sottoposti a flussi di anidride carbonica a determinate condizioni di temperatura e pressione (40 c° e 100 - 120 atm). In questo modo, la caffeina, legata all’anidride carbonica, è poi recuperata con carbone attivo e i chicchi vengono essiccati e, successivamente, torrefatti;

il metodo ad acqua, sicuramente il più innocuo, in cui, con l’ausilio di speciali filtri, i chicchi, immersi in un infuso chimicamente simile al caffè ma senza caffeina, rilasciano appunto caffeina per diffusione, mentre gli aromi rimangono invariati perchè in equilibrio nella soluzione;

il metodo con trigliceridi, invece, prevede prima un bagno in infuso di caffè e poi una seconda immersione in olio di caffè, per asportare la caffeina dai chicchi.

Esiste, inoltre, un decaffeinato naturale, una varietà di caffè tutta nuova (Coeffe Charrierana) che nasce in Etiopia, ma non è ancora disponibile sul mercato perché le piante di questa specie crescono molto più lentamente delle altre e gli studi per velocizzarne la crescita continuano senza sosta ma, purtroppo, senza successo, almeno finora. Bisognerà, dunque, aspettare ancora un bel po’ per poter bere una tazzina di decaffeinato naturale!

Dopo l’estrazione della caffeina, i chicchi vanno incontro, come tutti gli altri, al processo della torrefazione: una lavorazione industriale del caffè che consiste nel tostare i chicchi ad altissime tempeature (oltre i 200°), aggiungendovi poi additivi, resine ed ammoniaca per permetterne una più lunga conservazione.

Calorie e valori nutrizionali

Quante calorie ha il caffè senza caffeina?

Cento grammi di caffè privato della caffeina, tostato o in polvere, hanno un valore energetico pari a circa 224 calorie, ma in realtà, quando si beve una tazzina di caffè di qualsiasi tipo, si ingerisce per lo più acqua. Il prodotto finale, quindi, avrà un contenuto calorico pari ad appena 1 caloria a porzione (circa 20 ml); ovviamente, le calorie aumentano con l’aggiunta di un cucchiaino di zucchero (18 calorie per cucchiano raso) o anche di latte per preparare un cappuccino decaffeinato (100 calorie per 125 ml circa).

I valori dei nutrienti contenuti nel chicco macinato ed in una tazzina.

Nel caffè decaffeinato macinato e tostato, i macronutrienti sono così ripartiti:

Carboidrati 37%.

Proteine 14%.

Lipidi 49%.

Le proporzioni cambiano notevolmente in una tazzina di caffè decaffeinato pronto:

Carboidrati 50%.

Proteine 50%.

Lipidi 0%.

Gli acidi grassi, infatti, sono presenti nella polvere di caffè, ma quando lo si prepara questi restano nel prodotto di scarto, di fatto azzerando la quantità di lipidi.

Invece, parlando di micronutrienti:

Vitamine: ben rappresentate in questo prodotto sono le vitamine del gruppo B (B1, B2, B3 e B6) e la vitamina E.

Sali minerali: spicca, per le maggiori quantità, il potassio, seguito da fosforo, calcio, sodio, ferro e zinco.

Il caffè contiene anche una buona quantità di antiossidanti, soprattutto acido caffeico e il suo estere, l’acido clorogenico, che tuttavia viene notevolmente ridotta dai processi di lavorazione.

Il decaffeinato contiene o no la caffeina?

Dire che un caffè decaffeinato non contiene caffeina è errato, perché praticamente tutti i tipi di questo prodotto, di tutte le marche, la contengono seppur in minima quantità. Più precisamente, una tazzina di caffè decaffeinato contiene lo 0,1 % circa di caffeina contro l’ 1,2- 1,5% del caffè qualità arabica e 2, 2 - 5 % del tipo Robusta. Quindi, una tazzina di decaffeinato contiene 2 mg di caffeina contro gli 80-120 mg del caffè normale.

Per questo motivo, viene preferito in alternativa al caffè normale in gravidanza, in caso di ansia, per liberarsi dalla dipendenza da caffeina e in tutti i casi di patologie cardiovascolari; ma si tratta davvero di una scelta valida? Non tutti la pensano così. Dei ricercatori della University of Florida (tra cui, il professor Bruce Goldberger) hanno dimostrato che la quantità di caffeina contenuta nel decaffeinato, anche se bassissima (0,1 %), è sufficiente a provocare tutte le controindicazioni che si hanno a dosaggi elevati, come nervosismo, ansia, tachicardia. Secondo questi studi, allora, sarebbe del tutto inutile bere il decaffeinato per evitare gli effetti negativi della caffeina!

Approfondisci le proprietà benefiche e le controindicazioni del caffè.

Comunque, i pareri a tal proposito restano discordanti, tra favorevoli e contrari al caffè decaffeinato, per cui non si può ancora trarre un giudizio definitivo.

Dec solubile: polvere e grani.

In Italia il caffè più utilizzato è quello per la moka o l’espresso, meno diffuso ma più pratico da usare è invece il caffè solubile, che all’estero la fa da padrone sin dagli inizi del ‘900, quando si dimostrò particolarmente indicato nei contesti bellici dell’epoca. La varietà solubile, che può presentarsi sia in polvere che in granuli, è un preparato secco a cui aggiungere acqua bollente e si può ottenere tramite due processi:

essiccazione dell’infuso di caffè concentrato con aria molto calda;

liofilizzazione, che prevede il congelamento dell’infuso, rottura in piccoli granuli e successiva sublimazione (passaggio diretto da ghiaccio a vapore) dell’acqua.

Quest’ultimo è il processo da preferire poichè conserva inalterati il sapore e l’aroma del caffè, ma essendo anche il più costoso non è sempre visto come prima scelta.

Quali sono le proprietà benefiche?

Bere caffè, si sa, è un’abitudine diffusissima ma di certo non si può definire salutare. Il problema è legato soprattutto alla presenza di caffeina, che, se assunta ad alte dosi, può provocare effetti sgradevoli al sistema nervoso. Allora che fare? Anche tu ami il caffè e non vuoi rinunciarci, ma tieni anche, giustamente, alla tua salute? Non disperare: sembra proprio che bere il caffè decaffeinato, che contiene una bassa quantità della temuta caffeina, possa procurare dei benefici! Tra questi ricordiamo che:

facilita la digestione: pochi milligrammi di caffeina favoriscono la secrezione gastrica e la peristalsi intestinale senza effetti deleteri, favorendo il processo digestivo anche, per esempio, dopo un pasto abbondante;

ha un’azione analgesica: la piccola quantità di caffeina del decaffeinato agisce come antidolorifico anche per le emicranie, in quanto vasocostrittore che si contrappone all’effetto vasodilatatore localizzato nell’area dolorante, tipico della flogosi;

fa bene al fegato: i diterpeni, flavonoidi antiossidanti presenti nel caffè, come in quello decaffeinato, proteggono le cellule epatiche dai danni provocati dai radicali liberi prodotti dalle numerose reazioni metaboliche che hanno luogo in quest’organo;

ha un forte effetto antiossidante: recentissimi studi hanno dimostrato che il caffè decaffeinato più di quello normale, grazie alla presenza di antiossidanti come l’acido clorigenico, può prevenire l’insorgenza del diabete di tipo II, in quanto inibisce l’assorbimento di glucosio nell’intestino e, secondo un meccanismo ancora da scoprire, stimola la funzionalità di alcune aree del cervello, migliorando la memoria e rallentando addirittura la progressione del Parkinson;

non fa male al cuore: per la sua quantità esigua di caffeina, il caffè decaffeinato non causa la tachicardia, per cui non è nociva per un cuore scompensato.

Il decaffeinato fa male? controindicazioni ed effetti collaterali.

Adesso veniamo all’altra faccia, quella negativa, del caffè decaffeinato; gli effetti collaterali legati al consumo di questa bevanda non dipendono soltanto dalla caffeina che, seppur in quantità modeste, è comunque presente, ma anche dalle modalità di lavorazione. Ad esempio, il caffè decaffeinato può essere dannoso perché:

contaminato da agenti chimici, derivati dall’utilizzo di solventi (acetato di etile, anidride carbonica) per l’estrazione del caffè stesso. Si tratta di sostanze per le quali la legislazione ha definito le quantità limite e, pur essendo presenti nel prodotto finale in modestissime quantità, potrebbero comunque nuocere;

Focus: il caffè decaffeinato è cancerogeno?
Qualsiasi alimento “tostato”, cioè che subisce modifiche da alte temperature, viene definito dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) pericoloso per la salute umana, perché sviluppa sostanze cancerogene. In effetti, durante la tostatura del caffè, la cellulosa dei chicchi viene bruciata, diventando una sostanza tossica per l’organismo e potenzialmente portatrice di tumori! Tuttavia, a riguardo,il rischio legato a 3 tazzine di caffè sembra trascurabile... quindi niente paura!
L’assunzione di caffeina, dunque, è solo uno dei problemi che possono derivare dal caffè decaffeinato, perché altre e ben più gravi insidie si nascondono nelle “innocue” tazzine che accompagnano i nostri momenti di relax!

Il caffè decaffeinato fa aumentare il colesterolo? Un mito da sfatare.

Qualche anno fa alcune ricerche scientifiche avevano messo in luce un aspetto inatteso del caffè decaffeinato: l’aumento di colesterolo “cattivo” (LDL) nel sangue in soggetti che abitualmente bevevano questa bevanda. In realtà, nei chicchi di caffè sono presenti fattori ipocolesterolemizzanti, cioè in grado di abbassare i livelli di colesterolo in circolo, i diterpeni, che non vengono intaccati dalla decaffeinizzazione, in quanto questa riguarda solo la caffeina. Il risultato finale è che, in questo senso, il decaffeinato possiede esattamente le stesse proprietà del caffè classico e non è quindi responsabile di un eccesso di colesterolo nel sangue!,

A chi è consigliato? E chi invece lo deve evitare?

Alla luce di quanto abbiamo appena detto, i dubbi sono tanti. Ma insomma, il caffè decaffeinato fa bene o fa male? La risposta non può che essere molto soggettiva e varia da persona a persona, da caso a caso.

Prima di tutto, il caffè decaffeinato è sconsigliato a:

assolutamente ai bambini, soggetti più sensibili agli effetti della caffeina e più suscettibili ad avere manifestazioni eclatanti in risposta a questa sostanza anche a basse dosi;

chi soffre di ipertensione, in quanto essa agisce da vasocostrittore, aumentando la pressione sanguigna;

chi è soggetto a gastriti, ulcere, coliti e reflusso, poiché la caffeina, aumentando la secrezione gastrica o attivando la peristalsi nell’intestino, ha come conseguenza l’iperacidità o la diarrea, peggiorando le patologie.

Il decaffeinato è invece consigliato in caso di:

gravidanza e allattamento al posto della normale varietà di caffè, dal momento che la caffeina, attraversando indisturbata la placenta, può interferire con la crescita del feto, o passando nel latte materno può portare al neonato gonfiore, coliti e irrequietezza. In questi casi, il caffè va comunque assunto con moderazione (massimo 2 o 3 tazzine al giorno), poiché berne in quantità eccessiva significherebbe ingerire anche tutti i residui di sostanze chimiche e solventi usati nella lavorazione, nocivi per il feto o il lattante. Alcune di queste sostanze sono per esempio teratogene (come nel caso del diclorometano), cioè capaci di provocare anomalie, ostacolando il normale sviluppo del nascituro o del bambino;

insonnia, ansia, nervosismo, per la ridotta presenza di caffeina rispetto al caffè normale. Anche in questi casi, però, il decaffeinato va bevuto con moderazione (massimo 3 tazzine al giorno), evitandone l’assunzione nelle ore serali;

emorroidi, in quanto la caffeina è irritante e può peggiorare il disturbo, perciò la soluzione ideale potrebbe risiedere nella scelta del decaffeinato.

È tutto molto più chiaro adesso, vero? Resta, però, ancora un dubbio da sciogliere, il più complesso.

Meglio il caffè decaffeinato o quello normale? I pro e i contro.

Il caffè classico contiene una quantità di caffeina che varia, in base alla tipologia, da 80 a 120 mg per tazzina; la quantità massima giornaliera di caffeina consentita per non andare incontro agli effetti collaterali legati appunto al suo consumo è di 200 mg. Una tazzina di decaffeinato contiene appena 2-5 mg di questa sostanza, ma assumendone dieci tazzine al giorno si raggiungono comunque gli stessi livelli di caffeina! Il consiglio è sempre, comunque, quello di non esagerare. Ma allora, è meglio bere due caffè classici o quattro decaffeinati? Non si può dire con certezza, è anche una questione di gusto, ma il decaffeinato è sicuramente la scelta d’elezione per chi soffre di insonnia, di ansia e irritabilità, e per chi ha problemi cardiaci o d’ipertensione, ma non per chi punta ad accelerare il proprio metabolismo.

La caffeina è, infatti, un eccitante e stimola la produzione di adrenalina, la quale attiva svariate funzioni biologiche, tra cui la mobilitazione dei grassi dai tessuti di deposito e la loro utilizzazione nel muscolo. Inoltre, agendo da vasocostrittore, questa sostanza è utile anche in diete depurative per combattere la cellulite, migliorando il microcircolo (lo dimostra anche il fatto che è impiegata anche nelle formulazioni cosmetiche specifiche anticellulite). Inoltre, il decaffeinato “non tiene svegli”, per cui non è d’aiuto contro la sonnolenza e la stanchezza!